DOMENICA DELLE PALME

Isaia 50,4-7 | Filippesi 2,6-11. | Matteo 26,14-27,66

La liturgia di questo giorno unisce i due capi opposti del Mistero Pasquale che celebreremo nella Settimana Santa: il trionfo del re e la sua uccisione, il Benedetto che diventa Maledetto, perché ” è maledetto chi pende dal legno “, con il passaggio rapido e sconcertante dagli applausi agli insulti.Il contrasto tra le due scene, non è stato un voltafaccia consumato in pochi giorni, ma ha segnato tutta la vita di Gesù.Iniziando la Settimana Santa è importante prendere ancora una volta coscienza del fatto che la nostra fede ci mette davanti a un “paradosso” fondamentale che non è facile da digerire, quello che nasce dalla compresenza in Gesù della divinità e dell’umanità.

Il Vangelo stesso si incarica di dirci che in tutta la sua vita Gesù ha offerto segni che manifestavano la sua umanità in tutto uguale alla nostra, e altri che lasciavano intuire in modo trasparente che in lui c’era anche qualcosa d’altro, qualcosa di più, non solo rivelato nei miracoli, ma già nelle sue parole e in certe sue prese di posizione, parole che suscitano “ira” ma anche ammirazione che aprono interrogativi.

Gesù avanza “su un asina”, e la folla “lo precedeva e lo seguiva”. La sua posizione lo colloca “in mezzo” alla gente, su una cavalcatura che è segno di pace e di lavoro quotidiano, e in questo segno c’è tutto il riassunto della sua vita e del lato umile della sua persona. In questa folla che sta con Gesù, attorno a lui, e cammina con lui nella storia per portare la pace, quella che lui è venuto a mostrare  e a realizzare, è bello scorgere una delle più belle immagini della Chiesa.

La prima lettura, preparandoci al racconto della Passione, fa dire profeticamente a Gesù:”Non mi sono tirato indietro, non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi”. “Sono confitto nel fango profondo”, è chiaro che il fango siamo noi, perché dal fango siamo plasmati. 

Non è difficile portare nell’oggi questo esempio di Gesù. Pensiamo a quanti oggi soffrono persecuzioni per la loro fede, o perché testimoni della giustizia e della solidarietà contro tiranni e prepotenti di vario stampo. Pensiamo al dolore che infligge nei corpi e nell’anima la pandemia che stiamo vivendo e pensiamo anche a quando e quanto noi, davanti al dolore, nostro o altrui, ci siamo tirati indietro.

Dal lungo racconto della Passione secondo Matteo, si potrebbero sottolineare un paio di punti. Il primo è la “tristezza e angoscia” provata dal Gesù nel Getsemani, aggravate dall’abbandono dei discepoli”addormentati” e dal “tradimento” di Giuda, che Gesù continua a chiamare “amico”. Sono tutti i drammatici segni che mostrano in modo inequivocabile a che livello è sceso Gesù nel suo “abbassamento”.

Il secondo punto fissa lo sguardo sul momento della crocifissione. Brutalizzare un moribondo con beffe e insulti è davvero un comportamento spregevole. In quel “Se sei il Figlio di Dio scendi dalla croce” è inevitabile sentire la voce del tentatore che lo invitava a mostrare la sua potenza con il liberarsi miracolosamente dalle difficoltà. La grandezza di Dio, e del suo Figlio, sono proprio la benevolenza e il perdono, atteggiamenti che, sotto un’apparenza di cedimento e di fragilità, si rivelano in realtà veri segni di forza, non quella che opprime, ma quella che salva.

Restiamo uniti nel nostro rapporto quotidiano con Dio, così ci sentiremo uniti gli uni con gli altri. Preghiamo per i morti, per coloro che soffrono, coloro che curano, per chi si sente solo e disperato, per chi prova una profonda angoscia e smarrimento.Anche se non potremo celebrare nella Liturgia tutti i segni e i riti di questa settimana, sappiamo che li stiamo vivendo direttamente nelle nostre persone, in mezzo a tutta l’umanità.Il Signore ci benedica e ci dia pace.

Un abbraccio

don Dario

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora